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Musica ed architettura

Musica ed architettura si sono da sempre strizzate l’occhio attraendosi in legami di profondo rispetto, mai troppo intrecciati.

C’e un architettura che suona, trasformandosi in cassa armonica per la frequenza umana.


Non esiste uno spazio che sia vuoto di sonorita’, silenzioso al punto da non trasmettere.
Esistono invece spazi evocativi, di grande riflessione, ricchi di un acustica fatta di intima connessione.
Spazi riservati contrapposti ad ambienti nati per grandi clamori, raccolti in una commistione di obiettivi che ne definisce un rapporto simbiotico di dicotomia genetica e disciplinare in cui architettura e musica si scrutano a distanza ritrovandosi comunque connesse.
Due piani distinti che fluiscono verso l’altro nel tentativo di connettersi. Un intricata geometria sensoriale ed uditiva che lavora su piu dimensioni all’interno delle quali l’imprevisto diventa sorpresa per le orecchie e per le proprie energie interiori.

“Un opera musica, e’ un edificio cui aggiungi stanze, finestre, ali nuove” (Luciano Berio).

“… Per parlare dei suoni bisogna cominciare facendo silenzio. Fare silenzio. Strana espressione. Come fare architettura, quando questa descrive il vuoto attraverso le forme. Vediamo le forme e intuiamo il volume. Fuori e dentro. Silenzio e vuoto. Stessa cosa.” (Dario Paini).

“L’architettura e’ musica nello spazio, una sorta di musica congelata” (Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling).

Il rapporto tra musica ed architettura e’ profondo. I Greci trasferirono in architettura le proporzioni che raccolsero nello studio della musica.
Lo stesso Le Corbusier paragono’ l’invenzione del sistema di misura “armonico”, il Modulor (basato sulle dimensioni umane), a concetti musicali.

“L’architettura, come spazio di risonanza della vita moderna, come Le Corbusier ha espresso in maniera geniale è diventato spazio di risonanza sonora, la relazione stessa tra i diversi approcci alla composizione ha fatto il resto, ha messo in vibrazione lo spazio, quello creativo delle menti e delle sensibilità coinvolte.” (Massimiliano Donninelli).

“La città non è solo un luogo di spazi e di forme ma, inevitabilmente, esprime la sua dimensione anche attraverso i suoni: ogni luogo ha una propria impronta acustica che riflette attività umane, relazioni col mondo e con sé stessi” (Giuseppe Azzarelli).

Un connubio, quello della musica e dell’architettura, che diventa espressione del costruito come nel caso del Fullen Wall di Annette Paul, Cristopher Rossner e Andre Tempel a Dresda.


Un edificio dal captante colore azzurro blu , sulla cui facciata sono allestiti elementi di richiamo (tubi e coni metallici) a strumenti musicali che, durante le giornate di pioggia, si accendono di una sonorita’ capace di catapultare l’uditore verso un progetto musicale dall’originale sonorita’.
Un modo sicuramente originale per smaltire l’acqua piovana creando un vivace ritmo sonoro impossibile da non raccogliere.

Qualsiasi spartito o scrittura musicale è uno spazio sonoro, una forma di edificio che «canta» per l’occhio che sa ascoltare leggendo.

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