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Casa giapponese esempio di abitare naturale

La casa giapponese tradizionale prevede una struttura lignea portante poggiata a terra su palafitte.

Le pareti esterne ed i pannelli divisori interni, a loro volta, risultano invece essere non portanti.

Per natura, quindi, la casa giapponese e’ un esempio di realta’ mobile, trasportabile, ricollocabile in altro posto nel quale mostrare la sua identita’ adattiva.

Una visione di movimento pesata dal concetto di un abitare naturale, contrapposto all’anima della cultura occidentale dove il costruito diventa elemento persistente nel tempo.

Un concept che strizza l’occhio a quell’ identita’ leggera, flessibile e trasformabile atta a rendere l’opera provvisoria, mai stanziale, in continua evoluzione.

Quello che richiede la casa giapponese e’ un viaggio rispettoso nei suoi ambienti.

Il primo ambiente (genkan) e’ praticabile con le scarpe poiche’ posto a ridosso della strada. Metaforicamente (esso) rappresenta il passaggio dal mondo esterno (pericoloso ed impuro) a quello interno (sicuro, puro).

Un passaggio marcato da un diverso modo di costruire per elevazione nel quale l’abitazione vera e propria risulta poggiare su pilastrini rialzati ad altra quota.

Anche i materiali ricalcano la depurazione che l’uomo compie nel passaggio tra esterno ed interno, passando da elementi quali pietra, laterizio e cemento del genkan ad essenze e finiture nobili quali legno, tatami.

Una salita di depurazione verso gli ambienti vitali della casa che segna l’investitura dell’uomo di un nuovo modo di percepire la vita e lo spazio dell’abitare.

Una delle caratteristiche principali di una casa giapponese e’ la sua semplicita’.

Assenza quasi assoluta di mobili, precarieta’ dei pannelli divisori posti tra ambienti, differenze di superfici sulle quali muoversi.

Arredo ridosso all’osso per evidenziare l’importanza del vuoto come contenitore pieno dello spazio.

L’importanza dello stare seduti che cambia a seconda della posizione decisa come ad esempio: agura wo kaku (sedersi a gambe incrociate comodamente), suwaru (sedersi a gambe raccolte, più formalmente), za-suru (più formale ancora), zazen (atto di sedersi con le gambe strettamente incrociate, per la meditazione).

La linea visiva privilegiata offerta dagli occhi di chi abita lo spazio prevede un focus fissato ad un metro di altezza (punto di vista dello sguardo umano) dominante nella percezione di  fruibilita’ dei suoi ambienti.

Aperture scorrevoli, spesso opache (shoji) modulano l’equilibrio tra ambienti esterni ed interni, tra natura e costruito, diventando espressione della flessibilita’ della casa.

Non si vedono letti, in quanto qualsiasi stanza a tatami puo’ risultare una camera da letto o ambiente dove servire pietanze.

I pavimenti diversi, marcano invece la natura dei suoi spazi e la loro identita’.

La ricerca della bellezza e la presenza di asimmetrie riportano all’attenzione aspetti della filosofia Zen, secondo cui la perfezione della bellezza risiede nella sua imperfezione. La natura, che non è simmetrica, diventa a sua volta modello e canone di bellezza.

Un insieme di valori legati all’esistenza, alla natura, al creato, posti in equilibrio tra loro secondo schemi flessibili votati alla trasformazione del vivere la casa secondo un viaggio introspettivo nel quale il finale diventa un elemento imprevisto di un viaggio inaspettato.

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